Transmedialità, crossmedialità, intermedialità.
Questi termini, spesso usati come sinonimi intercambiabili, si riferiscono a concetti un po’ diversi che vale la pena specificare.
Transmedialità indica una comunicazione che si espande su media diversi con modalità adatte ad ogni medium, e con episodi diversi e autoconsistenti anche se fanno parte della stessa storia. Il fruitore non segue un percorso prestabilito, non deve assistere ad un programma in un dato giorno e ad una data ora, ma può entrare nella storia da punti diversi, con tempi ed esperienze che può organizzarsi come preferisce. Per esempio la storia narrata in un film può diventare una serie tv, una pagina social, un fumetto, e può dare luogo a personaggi autonomi con le loro cerchie e la loro comunicazione social. La storia non è unica, ogni canale può sviluppare storie diverse che tuttavia si riferiscono sempre alla storia principale che viene concepita come un ambiente, e può permettere interazioni diverse: in alcune zone il pubblico può solo assistere, in altre può commentare, contribuire, acquistare o scambiare qualcosa. E’ il fruitore che decide da dove entrare nella storia, dove il termine “storia” è usato per indicare in senso lato una strategia di comunicazione che crei una rete di relazioni fra committenti, emittenti e fruitori in un ambiente con finalità che li accomunano.
Crossmedialità significa declinare la stessa storia su media diversi, ad esempio un annuncio pubblicitario che comunica lo stesso messaggio come spot tv, come inserzione a stampa, come banner web. I vari media raccontano la storia secondo le loro peculiarità, ma non la modificano, non le tolgono o aggiungono nulla. Si integrano rimandando il fruitore dall’uno all’altro, per esempio quando il codice a matrice su un annuncio o su un prodotto rimanda ad approfondimenti da fruire con lo smartphone, o una trasmissione tv rimanda ad un sito web.
Intermedialità, a volte usato al posto di crossmedialità, indica la possibilità di passare da un medium all’altro, grazie alle tecnologie digitali. Diremo perciò che il web è un ambiente intermediale perché possiamo indifferentemente parlare con la voce, inviare un sms o un mms con un video o una foto, fare un acquisto o una prenotazione. Un’app intermediale come Runtastic misura i chilometri che facciamo correndo o camminando, le calorie consumate, rappresenta graficamente il percorso sulla mappa satellitare, dà consigli e indicazioni vocali, fa ascoltare musica mentre si cammina. E’ qualcosa di molto più ricco e complesso della semplice combinazione di video, audio e testi che avviene con la multimedialità. E si arricchisce ulteriormente con la realtà aumentata, che geolocalizza l’utente e gli fornisce informazioni e servizi legati al luogo in cui si trova.