Racconto per immagini

Il racconto per immagini fisse o in movimento è la tecnica di base per qualsiasi prodotto audiovisivo e multimediale e consiste nel rendere concreti i concetti in modo da poterli rappresentare visivamente.

Fin dalla preistoria gli esseri umani hanno affidato alle immagini la memoria e la condivisione di imprese, eroi, attività, dapprima con immagini singole, poi con sequenze di immagini o con la presenza di personaggi ripetuti per visualizzare il susseguirsi delle azioni e delle situazioni dell’evento raffigurato.

Se ne trovano esempi nella pittura egizia dove il faraone è mostrato nel susseguirsi di sue attività, e nell’arte classica ddi cui uno degli esempi più famosi è la Colonna Traiana a Roma, che non è altro che un susseguirsi delle imprese dell’imperatore Traiano, scolpite in bassorilievo in un lungo nastro che si avvolge lungo tutta la colonna.

via crucis san giovanni rotondo

La Via Crucis è una sequenza di immagini a mosaico, dipinte, in terracotta, in marmo o in bronzo, che rappresentano i momenti salienti della passioner e morte di Gesù, come raccontata nel Vangelo del venerdì santo. Gli esempi più antichi risalgono all’età paleocristiana nel IV sec., ma la forma attuale in 14 stazioni è stata codificata nel Medio Evo da Bernardo di Chiaravalle, Francesco d’Assisi e Bonaventura da Bagnoregio. Il suo scopo è mettere in relazione i patimenti del Cristo con i peccati del fedele, in modo da stimolarne il pentimento e la redenzione. Le storie cristiane per immagini in genere narravano gli episodi delle scritture per diffonderne la conoscenza anche fra gli analfabeti e fra tutti quelli che non eranon in grado di accedere ai testi sacri, ma la Via Crucis rimase come pratica devozionale anche dopo l’invenzione della stampa e la Riforma che invitava i fedeli alla lettura diretta delle Scritture.

Le foto mostrano la Via Crucis nel parco di San Giovanni Rotondo, il santuario di Padre Pio in provincia di Foggia. Molti santuari e luoghi di pellegrinaggio hanno questi percorsi devozionali all’aperto, in concordanza con l’atteggiamento itinerante del pellegrino.

paolo uccello miracolo dell'ostia

La pratica di narrare per immagini storie di miracoli, vite dei santi, episodi di devozione da parte di personaggi potenti, riguarda gran parte dell’iconografia dell’arte sacra fino ai giorni nostri. Raconti per immagini si trovano in molte predelle alla base di pale d’altare e polittici, come la tavola con il Miracolo dell’ostia profanata, dipinta da Paolo Uccello tra il 1467 e il 1468. La predella narra con sei immagini la storia della donna che vendette un’ostia consacrata ad un ebreo che la mise a cuocere, ma l’ostia si mise a sanguinare e attirò le guardie che misero a morte la donna. Il miracolo dell’ostia fritta è venerato in diversi luoghi, tra cui Lanciano, con una tradizione che risale alla seconda metà del ‘200. In alto tutta la predella, in basso le due prime immagini con la vendita dell’ostia e l’irruzione delle guardie in casa dell’ebreo.

Il racconto per immagini per eccellenza è il cinema, fin dal primissimo film dei fratelli Lumière che in una breve scena racconta la storia del giardiniere che innaffia ma finisce innaffiato (L’arroseur arrosé, 1895). Rispetto al romanzo, che può descrivere stati d’animo o intenzioni di un personaggio, il cinema deve sempre far vedere qualcosa. Lo sceneggiatore non può scrivere “aveva paura”, deve suggerire al regista un volto spaventato e una minaccia concreta che si avvicina come, per citare ancora i Lumiére, il treno che sembra arrivare addosso agli spettatori (Treno in arrivo nella stazione de la Ciotat, 1896).

corriere dei pîccoli e fotoromanzo

Dal cinema derivano fumetti e fotoromanzi, sequenze di disegni o foto con didascalie e dialoghi. I racconti per immagini con didascalie appaiono sui giornali ai primi dell’800, e i fumetti, dove i dialoghi sono inscritti nella nuvoletta che esce dalla bocca dei personaggi, appaiono alla fine dell’800.

A sinistra la prima pagina del Corriere dei Piccoli, fondato nel 1906 come progetto pedagogico e primo giornale di storie illustrate italiano, con didascalie in versi.

A destra la pagina di un fotoromanzo, racconto a puntate per immagini con fotografie e testi, creazione italiana dovuta a Cesare Zavattini e Damiano Damiani nel 1947.

cartier bresson muro di berlino

I fotografi raccontano storie condensandole in uno scatto oppure creando sequenze di immagini. Henry Cartier Bresson era particolarmente abile nel catturare il momento significativo di una scena, di un avvenimento, di una situazione. Queste sono due foto del muro di Berlino fatte nel 1962, e mostrano come il muro si ponga come corpo estraneo a bloccare i giochi e la vita dei ragazzi e specialmente della ragazzina che cerca di arrampicarsi come per vedere che cosa c’è dall’altra parte, ma che vivne crudelmente fermata dal filo spinato.

cowboy kate sam haskins

Cowboy Kate and other stories è un libro di fotoracconti pubblicato nel 1965 dal fotografo sudafricano Sam Haskins, anch’esso oggetto da collezione o reperibile in una ristampa del 2015. All’epoca il libro ci fece molta impressione per la qualità delle foto glamour in bianco nero con forti contrasti, grana grossa e inquadrature spesso decentrate e inconsuete.

siddartha mc bride

Il fotografo Will Mc Bride pubblicò un racconto fotografico ispirato al romanzo Siddartha di Hermann Hesse su Twen, una rivista tedesca che uscì dal 1959 al 1971 e che rappresentò un forte stimolo per tutti noi produttori di immagini per la sua veste grafica molto innovativa. Successivamente il racconto fotografico è diventato un libro ora oggetto di collezione.

Come raccontare per immagini?

Per comprendere come creare o adattare un testo proviamo a vedere come non esprimersi per immagini, considerando lo stesso contenuto espresso nei due modi, per esempio la parabola evangelica del seminatore.

parabola del seminatore

Il testo biblico (Matteo 13,1-23) dice: 1 In quel giorno Gesù, uscito di casa, si mise a sedere presso il mare; 2 e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva. 3 Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo:

«Il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono. 5 Un’altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; 6 ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. 7 Un’altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un’altra cadde nella buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9 Chi ha orecchi oda».

Gesù stesso poco dopo spiega in termini un po’ più astratti che il seme è la parola di Dio, e il seminatore è colui che la diffonde predicando. La parola è sempre la stessa, ma in molti casi è rifiutata o non è compresa, oppure il maligno interferisce, ma quando arriva bene, il suo risultato è la salvezza eterna.

Se poi volessimo riportare il messaggio evangelico su un piano del tutto umano e considerarlo come metafora della comunicazione, potremmo dire che il seminatore è l’emittente, i semi sono il messaggio, i terreni sono i media. Il testo potrebbe diventare qualcosa del genere: “L’emittente con un atto linguistico emette il suo messaggio senza preoccuparsi di definire i suoi pubblici e di scegliere  le strategie e i media più adatti a raggiungere i target desiderati. Di conseguenza alcuni messaggi vengono stravolti da decodifiche aberranti, altri non hanno sufficiente forza di penetrazione e sono presto dimenticati. Altri usano media inadatti e si peerdono fra altri messaggi che prendono il sopravvento. Altri infine arrivano a segno e sono in vario modo compresi e memorizzati”.

Se volessimo farne un racconto per immagini, per esempio lo storyboard di un video, sarebbe piuttosto facile farlo con la parabola, ma pressoché impossibile farlo con la versione semiologica del professore di comunicazione.

Le fiabe sono esempi di trasformazioni di astratti consigli e precetti di buon vivere (la morale della favola) in brevi raccontini fatti di immagini, situazioni ed eventi concreti. Prendiamo come esempio La volpe e l’uva di Esopo.

«Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi». Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze.» La prima parte della fiaba è un racconto per immagini facilmente illustrabile con le immagini concrete della volpe, del tralcio di vite troppo alto, dell’uva, dell’espressione frustrata della volpe. La seconda parte non è visualizzabile, perché è tutta fatta di parole astratte: incapacità, difficoltà, circostanze. 

sei cappelli in riunione

Edward De Bono con i suoi Sei cappelli per pensare ha ideato un metodo pratico per risolvere problemi. Prima di ogni altra cosa bisogna raccogliere i dati relativi al problema, al contesto, alle condizioni, agli obiettivi. Poi si deve liberare l’emotività esprimendo simpatie e antipatie, speranze e paure. Quindi si valutano tutti gli aspetti negativi, i rischi, le criticità, le ragioni per cui il progetto può fallire. Seguono le ragioni per cui il progetto potrà avere successo. Si passa infine alla ricerca delle soluzioni possibili e si conclude con la stesura del progetto e della pianificazione di tempi, budget e responsabilità. 

Ma la forza del metodo di De Bono è stata l’aver reso concrete le sei fasi attribuendo ad esse sei cappelli colorati che è facile mettere e togliere per assumere o cambiare il rispettivo atteggiamento mentale. E così l’obiettività è un cappello bianco, l’emotività è un cappello rosso, il pessimismo è nero, l’ottimismo è giallo, la creatività verde e la pianificazione blu.

Tuttavia i Sei Cappelli, anche se visualizzano efficacemente i sei atteggiamenti mentali, non sono un racconto per immagini, perché manca l’arco narrativo e il fattore temporale. Per farne un racconto ci vorrebbe un eroe che indosserà di volta in volta i cappelli, una guida col cappello blu che lo accompagnerà e lo istruirà, un antagonista col cappello nero che metterà ostacoli lungo il cammino, una fata col cappello giallo che gli mostrerà la via del successo, la soluzione che sarà uno smeraldo sotto il cappello verde, la mappa del tesoro sotto il cappello blu.

In tutti i casi che abbiamo esaminato emerge il fatto per cui più il discorso è astratto e generico, meno è visualizzabile. Più si scende in basso lungo la scala di astrazione e si va nel concreto e nello specifico, più è facile visualizzare. Ma se alla visualizzazione si vuole aggiungere un racconto, bisogna applicare un arco narrativo con personaggi che lo percorrono dall’inizio alla fine.

E’ opportuno ancora ricordare che la regola di base della comunicazione audiovisiva è “mostra ciò che dici e spiega ciò che mostri“. Nel racconto per immagini un’idea espressa in parole o il resoconto di un fatto richiedono una o più immagini per visualizzarli. Ma anche un’immagine richiede un certo sviluppo del racconto. “Se mostri una pistola, prima della fine del racconto essa deve aver sparato” diceva E.A.Poe. Se mostri un tramonto, devi dire perché lo fai. “Un’immagine vale più di mille parole“, diceva Mao, ma una parola vale più di mille immagini, se usata nel modo e nel momento giusto, e se abbinata all’immagine giusta.