Apertura

Il concetto di apertura caratterizza la civiltà moderna e contemporanea, dalla cultura alla scienza, dall’economia alla politica, fino alla gestione delle organizzazioni.
Già nel 1962 Umberto Eco pubblicava “Opera Aperta”, un saggio sulla letteratura e l’arte dove sosteneva che romanzi, quadri, film non erano più chiusi nella loro struttura e conclusi nei loro limiti, ma si aprivano all’interpretazione del fruitore che poteva attribuire loro più di un significato.

L’apertura mentale è la capacità di assumere punti di vista diversi, di operare salti di paradigma, di cogliere segnali deboli per individuare, definire e risolvere problemi nuovi.

Al concetto del possesso si sostituisce sempre più quello dell’accesso: non è tanto importante possedere qualcosa, ma accedere immediatamente a ciò che ci serve al momento.

 

In campo scientifico ed accademico alle discipline sempre più specialistiche si affiancano multidisciplinarità, interdisciplinarità, metadisciplinarità, che permettono di affrontare in modo più completo fenomeni complessi in campo biologico, ecologico, energetico, ma che intrecciano anche discipline specifiche come l’archeologia e la geologia, o addirittura sviluppano nuove discipline come la dinamica dei sistemi. I modelli teorici come la rete, la teoria delle catastrofi, le teorie del caos, si applicano a qualsiasi fenomeno, dagli sciami di uccelli alla circolazione sanguigna, dal clima alle organizzazioni.
Il computer di per sé è una macchina aperta, che aggrega intorno ad una unità di calcolo tutta una varietà di dispositivi e funzioni che si possono allargare o restringere, cambiare o integrare. La stessa macchina può fare operazioni diverse e produrre gli output più svariati, passando da un medium all’altro e combinandoli in output multimediali.

Internet e il web hanno dato un forte impulso all’apertura perché hanno collegato fra di loro computer grandi e piccoli. Oggi è praticamente impossibile fare qualsiasi cosa senza essere collegati, e quindi aperti a tutto quello che esiste al di fuori di noi.
Con la programmazione open source cade anche la proprietà del progetto e la sua blindatura con segreti e brevetti, e i progetti si sviluppano con aggregazioni collettive e spontanee di sviluppatori che condividono l’idea e i valori del progetto e dei suoi promotori. Fiorisce così l’open innovation.
Il cloud computing apre perfino i nostri cassetti e i nostri scaffali offrendoci depositi virtuali da condividere con altri.

L’università affianca ai corsi interni iniziative di open university, che possono essere frequentate a distanza da ogni parte del mondo.
L’azienda passa dal modello del castello chiuso nelle sue mura, della fortezza presidiata e indifferente al mondo esterno, al modello della rete, con una sede centrale che fa da hub ad un insieme di nodi sparsi in territori, stati e continenti diversi. Della rete fanno parte collaboratori, fornitori, clienti, stakeholder esterni che vengono invitati a visitare aziende e centri di produzione e distribuzione in eventi di “porte aperte”. L’apertura dei confini organizzativi comporta trasparenza, condivisione di informazioni, opinioni ed esperienze con tutti gli stakeholder: clienti, partner, dipendenti, fornitori, comunità locali, associazioni, fondazioni. 
La volontà di condividere informazioni e fare affari alla luce del sole porta all’abbattimento dei silos aziendali, alla riduzione dei livelli gerarchici, alla condivisione delle informazioni che sul web viaggiano velocemente e liberamente. I confini tradizionali del business si disintegrano, cambiando la natura di ciò che significa essere un dipendente, cliente o concorrente. Il lavoratore non è più solo un dipendente che occupa un posto dentro le mura dell’azienda per otto ore al giorno, ma uno smart worker collegato on line che produce valore da qualsiasi luogo e a qualsiasi ora.
L’impresa diventa così una rete sociale responsabile dell’ambiente in cui vive e che considera come sistema ecologico per lo sviluppo dell’impresa stessa.