Teoria delle catastrofi

La teoria delle catastrofi studia dal punto di vista matematico i cambiamenti bruschi di un sistema. Il matematico francese René Thom negli anni cinquanta/sessanta l’ha proposta partendo dalla teoria topologica dei sistemi dinamici di Henri Poincaré, e applicandola ai modelli discontinui che si presentano nella realtà. Thom ha osservato che in un sistema qualsiasi un elemento del sistema si comporta con una certa continuità, fino a quando cambia in modo brusco e radicale il suo comportamento o il suo stato. Questo avviene per un terremoto, per un vulcano, per la cascata di un fiume, per un crollo finanziario, fino ad arrivare ad un singolo oggetto come un tavolo, col suo piano continuo che termina con un “salto” dove finisce il tavolo.

teoria delle catastrofi

Thom ha studiato il comportamento di un cane in presenza di qualcuno o qualcosa che lo inquieta. Il cane comincia ad irritarsi e ad abbaiare, e la sua eccitazione cresce man mano, fino ad arrivare al punto in cui o attacca o scappa. Quel punto è la catastrofe (che in greco significa giravolta, rivolgimento), che si presenta in forme ricorrenti, che Thom codifica in sette tipologie: catastrofe a piega, a cuspide, a coda di rondine, a farfalla, a ombelico ellittico, iperbolico, parabolico (vedi i diagrammi dei vari tipi).

La teoria si sviluppa in seguito fino ad integrarsi nelle teorie del caos e della complessità.
La sua applicazione nell’ambito psicologico e psicoterapeutico è stata importante per studiare i comportamenti umani a livello di comunicazione, di relazioni interpersonali, di modo di pensare e di agire. Offre un buon modello scientifico alle terapie brevi perché il salto da una condizione all’altra rappresenta bene il momento risolutivo della terapia, quel cambiamento decisivo con cui la patologia scompare o si sgretola e il paziente può iniziare la discesa verso il ritorno alla normalità.

In ambito sociale e manageriale la teoria serve a modellare cambiamenti di sistema grandi e improvvisi come atti terroristici, crolli finanziari, tecnologie dirompenti, o su scala più limitata cambi di gestione, introduzione di nuove tecnologie, incidenti sul lavoro, trasferimenti, licenziamento.
Si può dunque includere nel concetto di catastrofe qualsiasi transizione discontinua che si verifica in un sistema in grado di assumere più di uno stato di stabilità o che può seguire più di un processo stabile di trasformazione. Una volta avvenuta la catastrofe, il sistema si trova in un nuovo stato, su un altro piano, e non rimane più niente di ciò che vi era prima, in quanto anche le cose che restano intatte, dopo la catastrofe vengono viste con occhio diverso.
Il “salto” catastrofico è un passaggio repentino da uno stato ad un altro, o da un processo ad un altro, con cui un sistema assume una nuova forma irreversibile. Il cambiamento avviene in un arco temporale molto più breve rispetto al tempo impiegato dalle trasformazioni minime degli stati più stabili.

vulcano

Il processo si capisce bene osservando un vulcano. In un periodo molto lungo sotto la superficie terrestre si accumula una massa di materia incandescente, il magma, e in superficie le colline, i boschi, i prati, restano sempre uguali. Poi improvvisamente succede qualcosa, la pressione del magma aumenta, la crosta terrestre si rompe, e il magma irrompe violento e improvviso attraverso la fenditura, esce in superficie e in poco tempo crea un nuovo monte trasformando tutto quello che c’era prima. L’evento catastrofico è disastroso per lo stato precedente del sistema, ma crea le condizioni per lo sviluppo di un nuovo stato in cui il sistema si riorganizza ed evolve, fino al prossimo evento catastrofico.

L’evoluzione globale di un sistema avviene quindi attraverso una successione di evoluzioni continue, separate da bruschi salti.
L’accelerazione catastrofica può durare un attimo, un giorno, un anno. Nella percezione visiva possiamo passare da una visione all’altra con un clic istantaneo, come accade nella famosa ambiguità figura/sfondo del Vaso di Rubin, o nelle illusioni tridimensionali di Vasarely. In queste figure occorre fare un clic mentale per passare da una percezione all’altra. Il tipo di percezione è la continuità, il clic è la catastrofe, che nel caso percettivo è reversibile, perché si può sempre cliccare sull’altro tipo di percezione.

figura di rubin

La figura di Rubin è molto usata nella psicologia della forma per visualizzare i concetti di figura e sfondo, dove per figura si intende ciò che ci interessa, fondo ciò che le sta intorno. L’ambiguità percettiva tra figura e sfondo ci fa vedere un vaso nero su fondo bianco o due profili bianchi su fondo nero.

Victor Vasarely, maestro della op art, nella serigrafia del 1970 “Gestalt Blue” ci sfida a spingere i due vertici dei parallelepipedi l’uno avanti e l’altro indietro, e viceversa, per vedere in modo diverso il volume dell’immagine.

Nel problem solving la teoria aiuta a comprendere i casi di soluzione improvvisa, di scelta consapevole o casuale fra alternative, di previsione di comportamenti. La catastrofe può essere negativa perché può consistere nella crisi dopo un lungo periodo di logoramento ma anche l’illuminazione con cui una soluzione improvvisa e insperata si accende dopo averci dormito sopra.
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http://www.nilalienum.it/Sezioni/Aggiornamenti/Psicopatologia%20dinamica/Psicopatologia%20teorica/PsicopTC1.html
http://unifiedtao-it.blogspot.fr/2012/01/catastrofi-del-tao.html