Milton model
Nella PNL il consulente o il terapeuta ricorre al Milton Model quando vuole indurre nel cliente o nel paziente una ipnosi più o meno leggera o intensa, per portarlo ad esplorare la sua psiche più profonda. Grinder e Bandler, i creatori della PNL, hanno creato questo modello comunicativo e l’hanno chiamato così in omaggio a Milton Erickson e ai suoi metodi di psicoterapia ipnotica. Secondo Erickson le strutture linguistiche (il modo di raccontare se stessi e il mondo a se stessi e agli altri) che hanno causato il problema del paziente possono essere usate come tecniche di influenza per ricalcare le stesse modalità comunicative del paziente e per guidarlo verso la soluzione dei suoi problemi. Le frasi che Erickson usava nei suoi interventi non hanno necessariamente una costruzione logica, né rispettano sempre la grammatica e la sintassi, perché servono a scendere nell’inconscio, a distrarre lo spirito cosciente per affondare nella realtà nascosta e attingere alle risorse dormienti dell’individuo.
Al contrario del metamodello, il Milton model è intenzionalmente vago, in modo che l’interlocutore possa interpretare a modo suo ciò che gli viene detto, e quindi possa sentirlo adatto al suo problema personale.
Anche se il Milton model è abbastanza simile al linguaggio comune, è bene conoscerne le caratteristiche, per usarlo in modo consapevole, o per potervi contrapporre le domande chiarificatrici del metamodello. Se si usa uno o più degli artifici che seguono, è più facile entrare nelle difese dell’interlocutore, creare un rapporto con lui, guidarlo verso l’esplorazione e la soluzione del suo problema.
Seguono le tecniche linguistiche corredate di un esempio e di qualche domanda per contrastarne la vaghezza e tornare al metamodello.
Nominalizazioni
Nomi e pronomi non specifici, astratti e collettivi: la gente, i politici, la libertà, l’amore, qualcuno, noi, loro.
Esempio: qualcuno si basa troppo sulla fantasia.
Domande: chi? in che senso si basa? che genere di fantasia?
Verbi equivoci
Verbi con più significati che non indicano azioni concrete: cambiare, aumentare, risolvere, capire, immaginare.
Esempio: bisogna finire la presentazione.
Domande: chi deve agire? che cosa manca alla fine?
Paragoni
Si tratta di paragoni in cui il secondo termine è omesso o è disomogeneo. Ad esempio: migliore, meglio, peggiore, peggio, più, meno.
Esempio: bisogna lavorare di più.
Domande: chi deve lavorare? più rispetto a chi o a che cosa?
Quantificatori universali
Parole che arbitrariamente generalizzano la quantità o la frequenza di un fenomeno, come sempre, mai, tutti, nessuno, ogni volta.
Esempio: qui tutti pensano sempre ad arricchirsi e basta.
Domande: proprio tutti? sempre? non c’è alcuna eccezione?
Operatori modali
Verbi che costringono a fare una cosa o impediscono di farla: devo, non devo, posso, non posso, serve, bisogna.
Esempio: bisogna lavorare di più.
Domande: che cosa accadrebbe se si lavorasse di meno? Chi chiede di lavorare e perché?
Lettura del pensiero
Anticipare o interpretare parole, azioni e pensieri dell’interlocutore: vedo che, mi sembra che tu, capirai che.
Esempio: vedo nei tuoi occhi che non sei felice.
Domande: che cosa vedi nei miei occhi? come fai a capire ciò che ci vedi?
Presupposizioni
Si dà per scontato qualcosa che scontato non è.
Esempio: ti stai di nuovo comportando male.
Domande: in che senso “male”? quando mi ero già comportato così?
Giudizi
Affermazioni che potrebbero essere o sembrare vere ma non sono verificate. I giudizi combinati con le presupposizioni diventano pregiudizi.
Esempio: i disoccupati non hanno voglia di lavorare.
Domande: chi lo dice? Tutti i disoccupati? Rifiutano qualsiasi lavoro o solo alcuni tipi di lavoro?
Causa-effetto
Associare concetti che non sempre dipendono in modo logico l’uno dall’altro.
Esempio: chi non lavora non mangia.
Domande: ma è sempre vero che per mangiare bisogna lavorare?
Avverbi di tempo
Costituiscono una strutturazione causale suggestiva, articolando il processo di soluzione del problema: prima, durante, dopo, mentre, quando, allora.
Esempio: prima di provare questo nuovo programma, vi porrete alcune domande a cui saremo lieti di rispondere.
Domande: perché prima e non dopo?
Alternativa illusoria
Proporre la scelta fra due alternative che presuppongono scelte già fatte.
Esempio: stasera vuoi andare in pizzeria o al cinema?
Domande: Chi ha detto che stasera voglio uscire?
Citazioni
Accrescere il valore di ciò che si dice attribuendolo a persone o personaggi conosciuti: come diceva mia nonna, Socrate affermava. La citazione ha più valore se c’è un riferimento preciso.
Esempio: quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso! (Matteo, 15, 14) – non lo dico io, ma il Vangelo.
Domande: chi è cieco? rispetto a che cosa? che intendi per “fosso”?
Prescrizioni implicite
Ordini, consigli, prescrizioni dati con l’aria di non volerli dare, rallentando o accentuando con la voce il comando nascosto.
Esempio: non è importante che tu sprofondi nella poltrona.
Anche se la frase è introdotta da una negazione che rassicura il livello cosciente, la parola in corsivo agisce sull’inconscio per indurre alla trance ipnotica.
Le tecniche possono essere combinate in una stessa frase.
Esempio: dovete impegnarvi per aumentare l’efficienza. (la frase contiene verbi vaghi, una nominalizzazione, un paragone).
Domande: chi si deve impegnare? Che cosa deve fare per impegnarsi? Aumentare rispetto a che cosa? Di quanto aumentare? Che si intende per efficienza? In quali settori essere più efficienti?
Invece di fare tutte queste domande per capire il reale significato della frase, ognuno la interpreta a modo suo. Ecco perché i discorsi vaghi possono diventare persuasivi, seducenti e popolari, come leader politici e imprenditoriali sanno bene. Che avrà voluto dire? Ma quello che gli faccio dire io, no?