Punteggiatura
Il termine ha due significati, l’uno come sottosistema di ortografia nella tecnica di scrittura, l’altro come sequenza soggettiva di atti comunicativi nel problem solving strategico.
Scrittura
Parole, frasi, periodi all’inizio erano scritti tutti di seguito, ma già tremila anni fa si cominciò a dividere parole, fino ad arrivare al complesso sistema di segni con cui arricchiamo e rendiamo leggibili i nostri scritti. La punteggiatura è abbastanza simile nelle varie lingue, anche se in ognuna di esse si trovano usi diversi e particolari, come il greco che usa il punto e virgola come punto interrogativo.
La punteggiatura chiarisce le intenzioni di chi scrive. “Mi fai un caffé!” è un ordine. “Mi fai un caffé?” è una richiesta. “Vorrei un caffé.” significa che voglio solo un caffé. “Vorrei un caffé…” significa che oltre al caffé potrei volere qualche altra cosa che non so. “IBIS REDIBIS NON MORIERIS IN BELLO” è il responso che la sibilla dà al soldato romano che la interroga, come racconta il monaco medievale Alberico delle Tre Fontane nel suo Chronicon. Il responso è “sibillino”, e cioè ambiguo, perché a seconda di dove si mette la virgola, significa che il soldato tornerà o non tornerà vivo dalla battaglia. Infatti “ibis, redibis, non morieris” significa “andrai, tornerai, non morrai”. “Ibis, redibis non, morieris” significa “andrai, non tornerai, morirai”. Se per un punto Martin perse la cappa, per una virgola il soldato perse la vita…
Gli scrittori distinguono il loro stile letterario anche per l’uso della punteggiatura. José Saramago ne fa a meno, perché con la sua scrittura vuole rendere la fluidità del modo di pensare e di parlare, anche se crea seri problemi al lettore. Enzo Biagi invece facilita al massimo il lettore con la sovrabbondanza di punti che scandiscono le sue frasi asciutte e brevi. Alcuni prediligono le costruzioni sintattiche con frasi l’una dentro l’altra, altri, come Rabelais, ricorrono ad elencazioni paratattiche per esprimere la molteplicità e l’abbondanza, che richiede altrettanta abbondanza di virgole.
Anche internet e il web, che hanno rivalutato la comunicazione verbale scritta dopo tanto audiovisivo, usano i segni di interpunzione per integrare ciò che si perde con la scrittura, e cioè il tono di voce e le emozioni in genere, privandoli della funzione ortografica e combinandoli in modo visivo con i segni degli emoticon.
Problem solving
La punteggiatura è il punto di vista di chi partecipa all’atto comunicativo, come asserito nel terzo assioma della comunicazione umana.
Se osserviamo due persone che discutono, o peggio che litigano, ci sembra che si scambino parole o invettive in modo continuo, l’uno dietro l’altro. Ambedue sferrano attacchi e rispondono ad essi. Se invece ci mettiamo nei panni degli interlocutori, magari chiedendo loro che cosa stanno facendo, ognuno di loro ci dirà che non fa altro che rispondere agli attacchi subiti. “Ha cominciato lui, io non ho fatto altro che rispondere!”, dice lei. “Non è vero, è lei che ha cominciato, io ho solo reagito.” risponde lui.
Chi ha ragione? Ambedue, naturalmente. Come mai? Perché, nella stessa sequenza, ognuno di loro fissa il punto di partenza e quello di arrivo in modo diverso. Ciò accade sia nei piccoli battibecchi fra marito e moglie, sia nei grandi conflitti internazionali. Fra arabi e israeliani, chi ha cominciato prima? Tutto ebbe inizio dopo la seconda guerra mondiale, o si deve risalire addirittura a Mosè che riconduce il popolo eletto dall’Egitto alla Terra Promessa?
Watzlawick porta ad esempio una tipica dinamica da relazione di coppia: un marito che si chiude in se stesso e una moglie che diventa ostile e brontolona perché il marito è troppo chiuso. Secondo la punteggiatura dell’uomo, lei brontola (stimolo), lui si chiude nel suo mutismo (risposta), lei diventa ancora più nervosa (rinforzo). Secondo la punteggiatura della donna, la sequenza parte da lui che si chiude in se stesso (stimolo), lei brontola (risposta), lui si chiude ancora di più in se stesso (rinforzo). In ogni relazione esiste uno scambio continuo di atti comunicativi, e questo fa sì che ci si influenzi a vicenda continuamente. Ogni comunicazione, infatti, porta con sé contemporaneamente stimolo, risposta e rinforzo.
Durante la comunicazione si produce una punteggiatura della sequenza di eventi; un modo diverso di punteggiare la sequenza produce un conflitto perché ogni parlante interpreta il proprio comportamento come conseguenza del comportamento dell’altro e mai come causa. Questo tipo di problema si può risolvere attraverso la meta-comunicazione, in cui si parla della relazione e non dei contenuti degli scambi.
Succede per esempio che è il più forte ad imporre la propria punteggiatura. Fra capo e subalterno, è spesso costui che deve chiedere scusa e dare ragione al capo, poiché la relazione squilibrata lo porta ad accettare la punteggiatura del capo (il capo deve controllarmi perché io sono poco responsabile). E’ solo un elemento esterno che può rovesciare la situazione, e far capire al capo che più controlla i dipendenti, meno essi si sentiranno responsabili e prenderanno iniziative. Se si resta all’ìinterno dello scambio diventa difficile capire chi influenza chi, e si corre il rischio di osservare la situazione esclusivamente dal proprio punto di vista. In particolare, nelle relazioni critiche, o conflittuali, può accadere che si ritenga in torto sempre e solo l’altra parte, come conseguenza di una distorta visione della punteggiatura nella relazione. Il problema principale diviene quello di stabilire quali siano le cause e quali le conseguenze.
Lo scambio di atti comunicativi, oltre ai messaggi, comprende anche i comportamenti. Ancora Watzlawick porta ad esempio la mamma che si lamenta col figlio per il disordine della sua camera, ma poi gliela rimette in ordine. E più lei brontola e lo rimprovera, più lui risponde male e rimette in disordine. La via d’uscita dal circolo vizioso consiste nel rompere la routine che danneggia i rapporti, modificando le reazioni nel contesto, e proponendo atteggiamenti nuovi, inaspettati. Il consiglio alla mamma è di lasciare la camera in disordine, anzi, disordinarla ancora di più. Se vuoi raddrizzare una cosa, trova il modo di storcerla di più, e spegni il fuoco aggiungendo legna, suggeriscono gli stratagemmi marziali cinesi.
La punteggiatura di una sequenza di eventi ne fornisce la chiave interpretativa. Ci pone in un certo punto di vista, che noi stessi scegliamo in base alla nostra propensio ne ad accettare quel punto di vista, a riconoscerci e legittimarci in esso. Ancora Watzlawick fa l’esempio della cavia da laboratorio che dice: “Ho addestrato bene il mio sperimentatore. Ogni volta che io premo la leva lui mi dà da mangiare”; questa è la punteggiatura della cavia, contrapposta a quella dello sperimentatore, per cui è lo sperimentatore stesso che ha addestrato la cavia e non il contrario.
Anche le interpretazioni dei due droodles qui raffigurati sono costruite assumendo la punteggiatura del microbo, invece di quella dell’analista. Il primo rappresenta un microbo schivato dai suoi compagni perché si è beccato un antibiotico. Il secondo raffigura l’analista osservato al microscopio dal microbo.