Quello dei droodles è un gioco per grandi e piccini, da fare da soli o in compagnia. Si osserva un disegno schematico che sembra rappresentare qualcosa senza però darne un’immagine evidente. Si dà la propria interpretazione, possibilmente bizzarra, umoristica o paradossale. Non c’è una spiegazione o una “soluzione” univoca, ma quella che viene ritenuta più divertente o più brillante. SI può anche provare ad inventare i propri droodles con relativa spiegazione. Non c’è bisogno di essere artisti, basta disegnare forme molto semplici e poco esplicite.
Il termine droodle non significa nulla, ed è una combinazione di doodle (scarabocchio) e riddle (indovinello). Questi indovinelli grafici sono stati resi celebri negli Stati Uniti da Roger Price, autore nel 1953 del libro Droodles, ed hanno avuto un tale successo che ne è stata tratta una trasmissione televisiva.
Il gioco è uno stimolo per l’immaginazione e la fantasia. Ognuno può dare la sua interpretazione, perché, come tutte le cose creative, non c’è una soluzione giusta o una sbagliata, ma ci può essere una soluzione più elegante, divertente o interessante delle altre.
Anche la collaborazione wiki non richiede contributi univoci, ma si arricchisce proprio delle soluzioni diverse del gruppo che collabora al progetto wiki. E’ lo stesso metodo con cui si fa Wikipedia, la grande enciclopedia web: tanti collaboratori scrivono quello che vogliono su un argomento, e le cose più attendibili sono inserite nella voce che viene continuamente controllata e migliorata.
I droodle si possono usare come le carte creative, come stimoli all’immaginazione, sia da soli sia in sedute di brainstorming o nella fase “cappello verde” dei Sei Cappelli di De Bono.