Simulazione creativa

Pratichiamo la simulazione fin da bambini, quando facciamo finta che eravamo un re, o che la scopa era un cavallo. Considerandola nell’ambito del problem solving, la simulazione ci è utile sia per attivare il pensiero laterale, sia per risolvere problemi, proiettando l’immaginazione oltre il problema e facendo come se il problema fosse risolto. Questa è una forma di autoinganno positivo che influisce sulla motivazione e sui ragionamenti che ci portano alla soluzione. Si applica chiedendosi: “se improvvisamente il mio problema non esistesse più, da che cosa me ne accorgerei? Come mi comporterei verso gli altri? Che cosa farebbero i miei colleghi quando mi vedono la mattina? Come sarebbe il mio tavolo di lavoro?”. La fantasia deve essere concreta e particolareggiata, per tracciare un quadro dettagliato e realistico del problema risolto.

La simulazione è un riduttore di complessità quando crea un modello semplificato o in scala ridotta di processi e fenomeni reali più o meno complessi. I modelli possono essere fisici o virtuali, per esempio modelli tridimensionali commputerizzati, oppure astratti come i modelli matematici con cui si simula l)andamento di mercati, fenomeni meteo, disponibilità di risorse. I simulatori sono molto usati per prepararsi a fenomeni o attività che comportano rischi e spese, come le simulazioni mediche e i simulatori di volo.

Simulare significa immaginare una situazione diversa. Dissimulare significa nascondere qualcosa, un sentimento, un pensiero. La maschera è un abito che indossiamo per mostrarci in pubblico nel modo che ci sembra più appropriato e più consono a ciò che noi crediamo di essere o vogliamo far credere agli altri. Il trucco ci serve per nascondere difetti, per fingere ciò che non siamo o non vorremmo essere.

La simulazione è punita quando altera le regole del gioco, come per esempio la simulazione di un fallo o di un reato subiti.
Tutto il gioco è basato sulla simulazione, in quanto rappresenta modelli ridotti e semplificati di comportamenti umani, come l’esplorazione di un territorio, la lotta, la guerra, la competizione. Nel gioco di ruolo e nel teatro si interpretano persone diverse per acquisire o mostrare punti di vista diversi su un certo problema.
La creatività fa largo uso della simulazione. Se fossi un’aquila vedrei il problema dall’alto, nel suo insieme. Se fossi una formica lo vedrei dall’interno, mettendone a fuoco un particolare ridotto. Tropi, metafore, miti, a volte nascondono, a volte rivelano aspetti della realtà.

asaratos oikos

Il mosaico romano del II sec. d.C. conservasto nei Musei Vaticani rappresenta l’asaratos oikos, ossia la simulazione del pavimento di una sala da pranzo non spazzata, con i rifiuti di cibo e persino un topolino che arriva a rosicchiare la sua parte. Questa illusione ottica era molto cara ai patrizi romani, che ne decoravano i pavimenti dei loro triclini, ed è uno degli esempi della pittura realistica romana che anticipa le nature morte della pittura di molti secoli dopo.

Tutta la creatività artistica, letteraria e musicale fa largo uso della simulazione, dall’imitazione che gli autori latini facevano degli autori greci, al finto manoscritto a cui il Manzoni attribuisce la storia dei Promessi Sposi. 

Zeusi dipinge un grappolo d’uva talmente realistico da ingannare l’uccello che si posa a beccarne gli acini; Apelle dipinge un panno appoggiato sul quadro tanto ben fatto da indurre lo spettatore a toglierlo per vedere cosa ci sia sotto.  E come riferisce Giorgio Vasari, “Dicesi che stando Giotto ancor giovinetto con Cimabue, dipinse una volta, in sul naso d’una figura che esso Cimabue avea fatta, una mosca tanto naturale, che tornando il maestro per seguitare il lavoro, si rimise più d’una volta a cacciarla con mano, pensando che fusse vera, prima che s’accorgesse dell’errore.”