Giochi psicologici
I giochi psicologici sono tipi particolari di interazioni che avvengono fra le persone, codificati da Eric Berne nel suo libro “A che gioco giochiamo” (1964), e costituiscono una fase importante dell’analisi transazionale.
In analisi transazionale qualsiasi persona, di fronte ad altri, cercherà di strutturare il proprio tempo per dare e ricevere carezze, in uno dei seguenti modi, che vanno da un rischio minimo ad un massimo in base all’intensità delle carezze:
- isolamento (evita gli altri);
- rituali (interazioni regolate da norme condivise: saluto, cedere il passo);
- passatempi (conversazioni e cooperazioni con regole convenzionali e variazioni: chiacchierare, giocare a carte, partecipare ad iniziative);
- attività (regole necessarie: lavorare per vivere);
- giochi (interazioni ripetitive a schema fisso: litigi, discussioni inutili, ripicche);
- intimità.
Nelle prime quattro fasi lo scambio di carezze avviene senza problemi, che sorgono quando nella transazione fra le persone si passa ai giochi.
Le carezze nell’analisi transazionale sono forme di attenzione reciproca, e vanno da un semplice “ciao” fino al vero e proprio accarezzamento fisico, o a regali, favori, o anche al rifiuto di dare e ricevere carezze, o a carezze negative come offese e dispetti. Le carezze, dalle minime alle massime, sono i segnali con cui io faccio capire all’altro che lo vedo e lo considero, e con cui capisco che l’altro mi vede e mi considera.
Noi non siamo disposti a scambiarci carezze con tutti. In ascensore ci ignoriamo, per strada ci salutiamo con un cenno, a tavola chiacchieriamo, in un incontro amoroso vorremmo unirci in un unico essere. L’intimità è il livello massimo della vicinanza emotiva, ma è anche il più rischioso, perché rischia di ferirci e di ferire più di tutti gli altri. Perciò lo riserviamo a pochi, e preferiamo rifugiarci nei giochi.
Ma che cos’è un gioco? Il gioco in genere è una relazione di competizione tra due o più persone regolata da norme e con una posta in gioco, che si vince con abilità o con fortuna; le regole valgono solo per un gioco e non per altri; il gioco non è reale, è fittizio, sia nell’ostilità fra i giocatori, sia negli aspetti di scherzo, di burla, di recita. Si gioca per provare piacere, da soli o insieme con altri.
Per Berne il gioco non è un’attività libera, ma un comportamento ripetitivo che adottiamo in modo inconsapevole in base ad un copione che abbiamo scritto nell’infanzia, e che seguiremo fino alla conclusione della nostra vita. Individua il primo di questi giochi nel 1958 nel “Perché non…? Sì, ma…”, un gioco molto usato in tutti i casi in cui uno propone una soluzione e l’altro gliela boccia solo per ribadire la sua superiorità. Berne definisce così il gioco psicologico: “è una serie ricorrente di transazioni, spesso ripetitive, apparentemente razionali e con una motivazione nascosta…una serie di operazioni con un trucco”.
I giochi transazionali hanno cinque caratteristiche:
- ripetitività: Il gioco preferito è giocato più e più volte, cambiano i giocatori, ma lo schema del gioco rimane;
- inconsapevolezza: i giochi sono giocati da genitore e bambino all’insaputa dell’adulto;
- negatività: alla fine del gioco si sperimentano emozioni sgradevoli;
- scambio di ruoli: ad un certo punto del gioco avviene uno scambio di transazioni ulteriori tra i giocatori: a livello psicologico (messaggio segreto) succede qualcosa di diverso che a livello sociale (messaggio manifesto);
- confusione: i giochi comportano un livello di sorpresa o confusione, derivato dallo scambio di ruoli.
I giochi hanno tre gradi di intensità:
- si gioca in pubblico, feste, salotto, condivisione sociale; al termine il giocatore avverte un malessere lieve e può condividere l’esito del gioco con il suo gruppo sociale;
- si gioca in privato; il giocatore prova uno stato d’animo spiacevole che preferisce non condividere con altri;
- si gioca in clinica, all’ospedale, all’obitorio; il giocatore subisce pesanti conseguenze del gioco, sia fisiche sia psichiche.
Berne classifica i suoi giochi in questo modo.
Giochi della vita
• L’alcolizzato
• Il debitore
• Prendetemi a calci
• Ti ho beccato figlio di puttana
• Guarda che mi hai fatto fare
Giochi coniugali
• Spalle al muro
• Il tribunale
• La frigida
• L’occupatissima
• Tutta colpa tua
• Non è la volontà che mi manca
• Non è così, tesoro?
Giochi di società
• Non è terribile
• Il difetto
• Il goffo pasticcione
• Perché non…? Sì ma…
Giochi sessuali
• Vedetevela tra voi
• La perversione
• Violenza carnale
• Il gioco della calza
• Burrasca
Giochi della malavita
• Guardie e ladri
• Come si può uscire di qui
• Peliamo quel pollo
Giochi dello studio medico
• La serra
• Sto solo cercando di aiutarti
• Indigenza
• La contadina
• Psichiatria
• Lo stupido
• Gamba di legno
Giochi “buoni”
• Le vacanze di lavoro
• Il cavaliere
• Lieto di essere utile
• Il sapiente del villaggio
• Saranno contenti di avermi conosciuto.
Il triangolo di Karpman è uno strumento molto semplice e potente per organizzare i vari tipi di giochi. Ideato dall’allievo di Berne Stephen Karpman, è un triangolo nei cui vertici troviamo un persecutore, una vittima e un salvatore. In una interazione siamo portati ad assumere i tre ruoli in modo naturale e disteso, tenendoci al di fuori del triangolo, ossia in una posizione libera e consapevole, quella dell’adulto. In una interazione disturbata tendiamo a spostarci verso i vertici del triangolo, dove agiscono genitori e bambini. Il persecutore può essere un genitore normativo che chiede con arroganza qualcosa alla vittima, bambino adattato che si lamenta, o bambino ribelle che fa un dispetto, finché arriva una terza persona all’altro vertice del triangolo, un genitore amorevole che assume il ruolo del salvatore, del mediatore nel conflitto fra persecutore e vittima, e del protettore della vittima. Tuttavia il salvatore non libera la vittima dal suo stato, perché ne rinforza la sua incapacità.
- La vittima svaluta se stessa (io sono non OK), esprime dolore e debolezza, nasconde la forza.
- Il persecutore svaluta l’altro (tu sei non OK), esprime forza e aggressività, nasconde debolezza e paura.
- Il salvatore svaluta gli altri due (voi siete non OK), esprime bontà e interesse, nasconde bisogni personali e solitudine.
Da un vertice del triangolo si può passare all’altro, scambiandosi i ruoli e creando insoddisfazione, incomprensione e confusione.
La vittima spesso cerca o provoca un persecutore che la accusi e poi un salvatore che la perdoni, il persecutore cerca una vittima da dominare, il salvatore cerca vittime e persecutori. Il persecutore può diventare vittima del salvatore, in questo caso la vittima iniziale può diventare salvatore del suo ex persecutore. E così via, finché a gioco finito restano tutti insoddisfatti.
Ecco un elenco di giochi ordinati in base ai tre ruoli del triangolo drammatico.
Persecutore:
• Ti ho beccato figlio di puttana
• Difetto
• Tribunale
• Se non fossi come te
• Violenza carnale
• Guarda cosa mi hai fatto fare
• Angolo
• Goffo pasticcione
• Si, ma
• Prima si, adesso no
Vittima:
• Prendetemi a calci
• Perché capita sempre a me?
• Stupido
• Gamba di legno
• Povero me
• Guardie e ladri
• Alcolizzato, drogato
• Guarda che m’ hai fatto fare
Salvatore:
• Sto solo cercando di aiutarti
• Che cosa faresti senza di me?
• Cavaliere
• Lieto di essere utile
• Saranno contenti di avermi conosciuto
Per interrompere il gioco o per uscirne basta rientrare nello stato di adulto, per esempio dando ragione al persecutore e invitandolo a risolvere insieme il problema. Purtroppo però quando siamo fortemente coinvolti nel gioco, ci è molto difficile osservarlo con distacco per poterne uscire.