Gestalt
La parola tedesca gestalt significa forma, struttura, configurazione, ma si usa anche in riferimento alla psicologia della forma e della percezione e alla psicoterapia gestaltica.
Leggiamo l’insieme di linee e punti come “gestalt” in base a comportamenti mentali ricorrenti che ci fanno aggregare gli stimoli visivi secondo forme conosciute, e allo stesso modo diamo senso ai molteplici stimoli di ogni genere che ci colpiscono nella nostra esperienza di vita. La Gestalt studia tutto questo, dalla fase teorica a quella terapeutica.
La teoria psicologica
La Psicologia della Forma o Gestalt Theorie è una scuola sorta in Germania negli anni Venti, e ha studiato il modo in cui il nostro processo percettivo mette insieme gli elementi percepiti, creando un tutto diverso dalle sue parti, “configurandolo” in base ad una forma e una struttura nota, riconosciuta o interpretata.
La Gestalt parte dalla percezione visiva, che non è solo la formazione di immagini retiniche, ma è un processo conoscitivo e comportamentale in cui percepiamo qualcosa già in base a ciò che conosciamo, e lo organizziamo in base a precedenti esperienze in modo da dargli un senso e da stabilire una relazione con il nostro comportamento. Il processo è non intenzionale e inconsapevole, basato su automatismi di percezione sensoriale e di elaborazione mentale sexondo schemi scelti per imitazione, apprendimento e condivisione.
Per esempio, a me è capitato una volta di acquistare un motoscooter di occasione MP3 Piaggio. Da allora ho cominciato a vedere tanti altri MP3 in giro, che prima non notavo. Ancora adesso, dopo tanti anni passati da quando ho rivenduto lo scooter, continuo a vederne parecchi in giro. Questo accade con qualsiasi altra cosa, biciclette, automobili, case, vestiti. Che cosa è successo? Semplicemente che quello scooter per me era una forma debole, confusa con le forme di tutti gli altri motocicli, ma all’improvviso è diventata una forma forte, il mio motociclo, diverso dagli altri perché con due ruote anteriori. E ho cominciato a riconoscerlo come figura significativa, staccandolo dal fondo di tutti gli altri motocicli (al proposito vedi figura e sfondo).
Il Fukiyama è diventato nell’immaginario mondiale il più famoso vulcano giapponese grazie alla sua forma perfettamente triangolare. Anche nelle forme naturali come montagne, nuvole, alberi, tendiamo a vedere le forme forti come triangoli, quadrati e cerchi.
La percezione visiva ci spinge a completare ciò che vediamo con ciò che sappiamo. E’ così che integriamo le forme dell’abbazia gotica di Longpont nell’Aisne (Alta Francia), ridotta a rudere prima dalle guerre di religione, poi dalla Rivoluzione francese e infine dalla Prima Guerra Mondiale. Nella facciata sono riconoscibili le forme forti del triangolo, del quadrato e del cerchio, anche se sono “disturbate” da frammenti e altri elementi architettonici.
La percezione visiva avviene secondo criteri ricorrenti con cui organizziamo i dati percepiti configurandoli in forme più o meno significative. Eccone i principali:
- buona forma o pregnanza (gli elementi visivi si aggregano in base alla struttura più semplice, regolare, simmetrica, omogenea, concisa);
- prossimità (tendiamo a raggruppare gli elementi vicini fra di loro, come accade per la spaziatura fra le parole);
- forma chiusa (aggreghiamo gli elementi che vediamo come parte del contorno di una forma, e tendiamo a chiudere mentalmente forme aperte)
- somiglianza (tendenza a raggruppare elementi simili);
- buona continuità o destino comune (gli elementi sono percepiti come appartenenti ad un insieme coerente e continuo, anche se la forma è incompleta, se sono accomunati da una funzione o da un movimento);
- figura-sfondo (le parti di una zona si possono interpretare come oggetto o come sfondo);
- esperienza precedente (riconosciamo forme note anche se gli stimoli visivi sono incompleti)
- movimento indotto o apparente (immagini fisse in sequenza sono interpretate come se si muovessero, come i fotogrammi di un film, effetto stroboscopico).
Le illusioni ottiche in cui vediamo immagini inesistenti ci aiutano a comprendere quanto la percezione sia diversa dalla realtà.
Alla gestalt appartengono gli studi sulla percezione visiva di Rudolf Arnheim e la teoria del campo di Kurt Lewin.
La psicoterapia gestaltica
La Gestalt Therapy, una scuola clinica post analitica, si è sviluppata negli Stati Uniti negli Anni Cinquanta, nell’ambito delle psicoterapie umanistiche.
Per comprendere un comportamento individuale è importante, oltre che analizzarlo, averne una visione di campo, ovvero cercare di percepirlo nell’insieme del contesto globale e ambientale di quell’individuo.
ogni individuo è costantemente bombardato da una serie di stimoli, ma il sistema percettivo ne seleziona solo alcuni e li organizza in strutture significative, o gestalt. La percezione di noi stessi e del mondo è il risultato di un insieme di stimoli selezionati dal nostro sistema percettivo, condizionato da esperienze del passato, dalla cultura e dall’ambiente in cui viviamo.
La Psicoterapia della Gestalt si propone di facilitare la consapevolezza e l’elaborazione di questi condizionamenti per rendere l’individuo più presente a se stesso, libero e capace di fare scelte responsabili nel mondo in cui vive.
L’individuo e l’ambiente rappresentano un unico eco-sistema che interagisce, si autoregola e cresce in funzione di ogni elemento che ne fa parte; il disagio psicologico è una sorta di adattamento creativo all’ambiente che ha funzionato nel passato, ma che può non funzionare altrettanto bene nel presente.
E’ importante, per l’individuo, la sua intera esperienza di vita fisica, psicologica, intellettuale, emotiva, relazionale e spirituale.
La terapia osserva e verifica la consapevolezza del processo dei pensieri, sentimenti e azioni di un individuo, focalizzando sul “cosa” e sul “come”, piuttosto che sul “perché” di un azione o di un comportamento. Se diventiamo consapevoli di che cosa abbiamo fatto e di come lo abbiamo fatto, possiamo intervenire e cambiare qualcosa per migliorare la situazione. E’ più importante l’esperienza di un comportamento che la sua interpretazione.
La terapia si basa su quattro principi teorici: campo, fenomeno, dialogo, organismo.
La Teoria del Campo
Partendo dalla teoria di Kurt Lewin, l’individuo e l’ambiente sono considerati come due sottosistemi all’interno dell’intero campo che ne costituisce il sistema. Individuo e ambiente si influenzano l’un l’altro specialmente lungo le linee di contatto e le dinamiche trainanti e frenanti.
La fenomenologia
Il terapeuta osserva il paziente per capirne e descriverne il modo con cui costruisce i suoi significati, ma si limita alle manifestazioni del comportamento senza interpretarlo. SI lavora sull’unitarietà del campo, sul confine tra individuo e ambiente, sulle dinamiche figura/sfondo.
La relazione dialogica
Il terapeuta costruisce con il cliente una relazione autentica e basata sul qui ed ora, sul dialogo come dinamica fra il sé e l’altro, che da osservatore/osservato diventano agenti di cambiamento. Il terapeuta applica tecniche di repressione e di espressione per ridurre comportamenti comunicativi svianti e sviluppare comportamenti di consapevolezza e spingere il cliente a vivere il momento presente senza rifugiarsi in interpretazioni del passato o speculazioni sul futuro.
Il concetto di organismo
Nella visione gestaltica, l’essere umano è un organismo fatto di corpo e mente che formano una totalità funzionale, capace di auto regolazione e adattamento e tendente alla realizzazione. Individuo e gruppo sociale non sono entità a sé, ma parti di una stessa unità in reciproca interazione. La tensione che può esistere tra di esse non è l’espressione di un conflitto insolubile, ma il movimento all’interno di un campo verso l’integrazione e la crescita.
L’individuo è il soggetto che destruttura e ristruttura. La cura cerca di ripristinare la spontaneità del contatto fra individuo e ambiente.
Lo scopo ultimo della relazione terapeutica è che il paziente si senta interessato alla vita, con il permesso di essere creativo nel gruppo sociale di cui fa parte. La cura si applica all’individuo, alla coppia, alla famiglia, al gruppo. La danza, il gioco fra terapeuta e paziente non è la tecnica esercitata da una persona esperta su un’altra persona che chiede aiuto, è la co-creazione di un confine di contatto in cui i valori, le personalità, i modi personali di affrontare la vita giocano un ruolo fondamentale. Il terapeuta con tutta la sua scienza e la sua umanità, e il paziente con tutto il suo dolore e la sua volontà di guarire, creano insieme i modi per ricostruire il terreno in cui fiorisce la vita di relazione, il senso di sicurezza nella terra e nell’altro, e il lasciarsi andare nella relazione.