Dialogo strategico
Nel modello di problem solving elaborato da Giorgio Nardone, il dialogo strategico è un colloquio che il consulente intrattiene con il cliente per aiutarlo a raggiungere la soluzione del problema.
E’ un dialogo perché il consulente non dà nulla per scontato, non fa prediche, ma procede solo ascoltando ciò che gli dice il cliente.
E’ strategico perché mira all’obiettivo, che consiste nell’acquisire informazioni e nel procedere verso la soluzione.
Il consulente parte dall’ascolto del cliente con una domanda aperta: “perché sei qui? Che cosa ti turba? Che cosa vuoi ottenere?”. In base alla risposta del cliente si procede con domande ad illusione di alternativa, ossia domande che inducono a scegliere fra due risposte e in tal modo guidano il cliente: “la cosa che ti turba ti accade quando sei solo o quando sei con altre persone?”. Le domande sono ad alternativa quando il consulente vuole escludere un’alternativa: “ti succede da solo o con gli altri?”. Sono ad illusione di alternativa quando la scelta è ristretta a due alternative predisposte che danno per scontata la premessa: “preferisci uscire da solo o in compagnia’” dà per scontato che si voglia uscire. Dopo qualche domanda, il consulente riassume le risposte che ha ricevuto: “se ho ben capito, ma correggimi se sbaglio, mi stai dicendo che sei turbato quando ti trovi di fronte ad una persona importante. E’ così?” Se il cliente risponde di sì, il consulente può procedere con nuove domande, sempre ad alternativa. Altrimenti fa domande che servono a chiarire meglio ciò che non aveva capito.
Per guidare meglio il cliente si possono usare parafrasi ed evocare sensazioni con metafore, immagini, aneddoti: “ti senti come l’agnello di fronte al lupo?”.
Dopo un po’, quando il consulente ha un quadro abbastanza chiaro della situazione, può riassumerla, mostrando al cliente che lo ha ascoltato attentamente: “Allora, mi hai detto che quando ti trovi di fronte ad una persona importante e devi presentarle un tuo progetto, ti senti come l’agnello di fronte al lupo.”
Quindi il consulente può ristrutturare il problema per mostrare al cliente un altro modo di vederlo: “Se il lupo fosse diventato vegetariano, e l’agnello fosse un ariete a cui stanno per spuntare le corna, non pensi che l’agnello sarebbe molto più sicuro di sé?”
Un’altra tecnica è agganciarsi all’eccezione: “la situazione che mi hai descritto, ti succede sempre, o c’è stato qualche caso in cui non è successa? In quel caso, eri con qualcuno? Che cosa c’era di diverso?”. Questa può essere la molla che fa cambiare il comportamento abituale e che porta alla soluzione del problema.
Attraverso le domande ad alternativa l’ampiezza dell’argomento generico si riduce e si concretizza fino ad arrivare ai casi specifici che interessano il problema. Il procedimento ha quindi la forma di un imbuto che parte dalla definizione del problema e si restringe verso la prescrizione risolutiva: “da domani proverai a fare questo e poi mi dirai com’è andata…”.
Nel dialogo strategico bisogna lasciare al cliente l’illusione di condurre il gioco, di trovare lui le soluzioni, di decidere lui che cosa fare. Bisogna mantenere un atteggiamento one-down, ossia non dominante ma subordinato, partendo dal presupposto che il consulente non sa nulla del cliente, e si serve delle domande per acquisire informazioni sul problema visto dal cliente. Quando si sta per fare un’affermazione, è sempre meglio porgerla come domanda; invece di dire “fai questo” è meglio dire “che ne diresti di provare a fare questo?”. In tal modo il cliente non ha la sensazione di obbedire ad un ordine, ma di fare qualcosa che ha deciso di fare. Se il consulente ha in mente la soluzione del problema, non deve darla al cliente, ma accompagnarlo per farcelo arrivare da solo: il problema è suo, ed è lui che deve risolverlo. Altrimenti la soluzione diventa come una medicina che spesso il cliente non ritiene adatta al suo caso.
Quando il cliente arriva alla soluzione, dopo una o più sedute, si conclude il percorso congratulandosi con lui e incorniciando il risultato per dargli la sensazione concreta di aver risolto il suo caso.