Visualizzazione e Verbalizzazione
Visualizzazione e verbalizzazione sono processi mentali con cui si dà significato a ciò che si vede e si rappresenta ciò che si sa, si pensa o si dice.
La relazione fra immagini e significati è arbitraria, ma radicata nella cultura e nell’uso dei popoli. L’immagine ha bisogno di una spiegazione, o almeno di un’etichetta, di un titolo, e la parola ha bisogno di immagini, specialmente quando il suo significato è oscuro o ambiguo.
Verbalizzare significa andare dall’immagine alla parola, visualizzare significa andare dalla parola all’immagine.
Visualizzazione
La visualizzazione è il processo – opposto alla verbalizzazione – con cui rappresentiamo in modo visivo concetti ed espressioni verbali.
Dalla cultura popolare alla storia, alla religione, all’arte, l’uomo si esprime con gesti, immagini, simboli, oltre che con la parola parlata e scritta che lo distingue da tutti gli altri animali.
Il cantastorie siciliano commenta le immagini che mostra sul suo tabellone. La Colonna Traiana racconta in un lungo nastro, come in una pellicola cinematografica, le gesta di Traiano alla conquista della Dacia. La Via Crucis e tutte le altre immagini del culto cristiano erano biblia pauperum, i testi per gli analfabeti che così potevano pregare e meditare sulle vicende di Cristo, della Madonna e dei santi, oltre che su personaggi e vicende dell’Antico Testamento.
Che cosa hanno in comune un cane, un gatto, un cavallo? Hanno quattro zampe. Quadrupede è il concetto che racchiude i tre animali. Ma è astratto e generico, perché non fa riferimento a nessun animale in particolare. Il concetto è un contenitore più o meno grande. Ma proprio perché è astratto, è impossibile visualizzarlo, a meno di creare una forma di gatto stilizzato che non assomiglia a nessun gatto reale ma fa pensare a qualsiasi gatto.
Perché diciamo che durante l’acquazzone piove a catinelle? Perché immaginiamo che qualcuno versi acqua dal cielo come da un grande recipiente. Quando diciamo una cosa per un’altra, usiamo una metafora, per spiegarci meglio, o talvolta per confondere le acque. Questo è un altro modo per visualizzare con un’immagine mentale qualcosa che non è facilmente visualizzabile (per le altre figure retoriche di sostituzione, vedi la voce tropi).
Possiamo anche spiegare in modo semplice concetti complessi o dare insegnamenti morali con un breve racconto, una parabola o una favola: c’era una volta un lupo ed un agnello… E’ ancora un altro modo per rappresentare o illustrare concetti astratti.
Largo uso di immagini è fatto nelle parabole evangeliche, che hanno anche esse il problema di rendere concreti e visibili concetti come fede, vita eterna, carità, giustizia, amore, compassione, e perciò si popolano di seminatori, pastori, agnelli, pani e pesci, vergini sagge e stolte, ricchi epuloni e povere vecchine.
Quando parliamo o scriviamo, possiamo usare concetti astratti e generici o fatti, eventi, situazioni concreti e specifici.
Spesso si usa il concreto per spiegare l’astratto, e viceversa. A volte si usa l’astratto per sfuggire il concreto e confondere le acque.
In un dialogo o in un dibattito puoi usare efficacemente l’alternarsi di astratto e concreto. A chi ti dice ”L’amore è bello” puoi chiedere: “Amore di chi verso chi? In quali circostanze? Dove?”. A chi ti dice “ieri sono uscito con Claudia” puoi dire con aria saggia e sognante: “L’amore è bello!”. Allenarsi a trasformare l’astratto in concreto è un buon modo per imparare a visualizzare. Si parte dal significato letterale della parola o della frase da visualizzare, poi si evocano con la fantasia tutte le immagini e metafore che vengono in mente, e si prende nota di quelle più pertinenti. Infine si descrive l’immagine in modo da poterla realizzare con un disegno o una foto. L’abile comunicatore sale e scende con disinvoltura lungo la scala di astrazione.
Possiamo visualizzare dati numerici e quantitativi rappresentandoli con assi cartesiani e grafici vari. La combinazione di concetti ed elementi si visualizza con matrici. La gerarchia di concetti si rappresenta con mappe mentali e concettuali. Oppure si può illustrare ciò che si dice, rappresentandolo in modo realistico o fantastico.
La visualizzazione va da grandi e complesse realizzazioni artistiche come il Giudizio Universale di Michelangelo, fino ai simboli come le icone di computer e telefoni o gli omini delle toilette.
La capacità di visualizzare è fondamentale nel mondo moderno, in cui tutta la comunicazione è multimediale e interattiva e spesso l’informazione utile va colta all’istante con il colpo d’occhio consentito da una immagine che la visualizzi al meglio. Il visual thinking è una competenza ormai necessaria a manager e professionisti che devono spesso presentare efficacemente progetti, prodotti, servizi, consulenze e risultati di ricerche e studi.
Verbalizzazione
Un processo di verbalizzazione agisce in senso opposto alla visualizzazione, e consiste nel descrivere qualcosa di non verbale come un’immagine o un suono, o nell’aggiungere messaggi verbali ad un contenuto non verbale, come quando si mette un titolo o una didascalia accanto ad una foto.
La verbalizzazione è tautologica quando non aggiunge informazione al contenuto (la scritta “albero” per la foto di un albero), è descrittiva se aggiunge informazioni identificative (albero di olivo) o interpretative (l’olivo è simbolo di pace). Addirittura la verbalizzazione può contraddire l’immagine a cui si riferisce, come nel gioco di Magritte che scrive sotto la rappresentazione realistica della pipa: “Questa non è una pipa”, perché infatti è un quadro.
I romani in età imperiale raccontavano con le colonne Traiana e Antonina le imprese dei rispettivi imperatori, anticipando la narrazione continua e le strisce di racconti per immagini che in epoca moderna diventarono cinema e fumetti. Caratteristica al proposito è anche la Via Crucis, sequenza di immagini che racconta la passione e morte di Cristo, e serviva come “libro dei poveri” per i fedeli analfabeti. Molte stele funerarie abbinano al ritratto del defunto nomi, parentele, cariche pubbliche, come è il caso di questi due fratelli Cornelii vissuti nel bergamasco nel I sec. d.C.
Le nostre città sono luoghi completamente verbalizzati, dai nomi delle strade fino ai cartelli pubblicitari. La realtà aumentata offre ulteriori informazioni visuali e verbali ai luoghi in cui ci troviamo.
Le macchie di Rorschach sono strumenti di verbalizzazione psicologica e psichiatrica, perché servono ad evocare immagini dall’inconscio attraverso una loro interpretazione.
Le immagini sono spesso ambigue e si prestano ad interpretazioni diverse. La verbalizzazione riduce l’ambiguità proponendo l’interpretazione voluta. In tal senso è uno strumento di problem solving.
Si racconta che Renoir, ad un visitatore scandalizzato di fronte ad un suo quadro raffigurante una donna in desabillé e un uomo vestito, gli disse: “il marito, già pronto, sta aspettando la moglie che sta finendo di vestirsi per festeggiare il loro annioversario: lo scandalo non è nel quadro, ma negli occhi di chi lo vede”.
La verbalizzazione è importante per attribuire a immagini e altri contenuti non verbali parole chiave (tag) e descrizioni che li rendano più facilmente reperibili con i motori di ricerca. L’operazione può diventare molto delicata quando si deve decidere le categorie in cui inserire l’immagine da classificare. L’immagine di una mela va nelle categorie “frutta”, “agricoltura”, “Genesi” o “storia della fisica”? Dipende dall’ambito in cui ci troviamo e dalle finalità per cui dobbiamo classificarla.
Nella pubblicità la verbalizzazione si accompagna alla visualizzazione, dall’headline che attira l’attenzione fino al payoff che riassume i vantaggi dell’offerta.
La verbalizzazione va da un elenco degli elementi di ciò che si vede ad un resoconto dei fatti, fino a commenti, simbologie, descrizioni poetiche.
Visualizzazione e verbalizzazione sono alla base delle presentazioni e delle conferenze con proiezioni di immagini fisse o di spezzoni video. Un principio fondamentale per rendere efficaci le proprie presentazioni è “mostra quello che dici, parla di quello che mostri”. Un principio semplice e perfino ovvio, che viene spesso ignorato da maldestri conferenzieri che lasciano diapositive ferme sullo schermo mentre parlano di tutt’altro.
La combinazione fra testo e immagini può aggiungere informazione e significato, oppure può mistificare e disinformare, e perfino capovolgere il giudizio etico che siamo indotti a dare al protagonista dell’immagine, come è il caso della matita bene appuntita, che può essere presentata come esempio di oziosità (vizio) o di buona manutenzione (virtù). Di conseguenza le altre matite sembreranno o virtuose e lavoratrici o sciatte e trascurate. E’ quanto normalmente accade con la comunicazione persuasiva – dal colloquio terapeutico alla propaganda politica – dove l’immagine viene piegata alle esigenze del racconto. La valutazione etica è accentuata da colori, accessori, illuminazione e posizione del protagonista rispetto agli altri.