Pensiero magico
Il quadro di Rubens rappresenta Publio Decio Mure che ascolta il vaticinio di un àugure che legge i segni impressi nel fegato di un bue dopo aver osservato il volo degli uccelli, prima di affrontare una battaglia. Il personaggio, vissuto nel IV sec. a.C., fu il primo console romano di famiglia plebea, e trovava non solo naturale, ma doveroso ascoltare le interpretazioni del mago prima dell’impresa impegnativa. Oggi prima di prendere una decisione strategica consultiamo gli andamenti borsistici o i pareri di qualche consulente di grido, ma sotto sotto non c’è poi tutta questa differenza…
Il pensiero magico attribuisce ai fatti cause non razionali e associazioni arbitrarie. Va dalla divinazione degli antichi àuguri fino agli oroscopi e ai portafortuna dei nostri tempi.
La nostra mente è uno strumento che usiamo per dare un senso alle cose, agli eventi, alla realtà in cui viviamo. Quando ne siamo capaci, tiriamo fuori il senso da ciò che osserviamo, che sperimentiamo, che studiamo, che ci viene insegnato. Altrimenti cerchiamo ugualmente di dare un senso, inventando cause e connessioni in modo arbitrario. Diciamo pure che di fronte ad un fenomeno nuovo e sconosciuto cerchiamo subito di farlo assomigliare o di metterlo in relazione a qualcosa che conosciamo, anche se l’accostamento è campato in aria. Solo in un secondo momento e ad un livello più elevato di conoscenza diamo un significato più razionale. Questo accade al singolo individuo, a gruppi e comunità, a periodi storici e culturali. Da bambini crediamo che i regali ci vengano portati da Babbo Natale e dalla Befana, crescendo apprendiamo che invece ce li fanno parenti ed amici. Gli antichi Greci credevano che i fulmini fossero scagliati da Zeus irato contro qualcuno, fino a che i filosofi della natura spiegarono che il povero Zeus non c’entrava affatto, e che si trattava solo dello scontro fra nuvole.
Il pensiero magico dunque è un modo di pensare fanciullesco che diventa adulto in fase all’ampliarsi di conoscenze ed esperienze e che diventa pensiero razionale, scientifico, logico. Tuttavia anche negli adulti può persistere su temi legati alla superstizione, ai riti e alla religione. Pensieri, credenze o desideri sono sufficienti per spiegare o determinare alcuni eventi, ignorandone volutamente le cause reali.
Il pensiero magico ha effetti sia positivi che negativi. Fra quelli positivi abbiamo l’effetto placebo che funziona come antidolorifico. Ad esempio, una persona va dal medico e gli dice di sentirsi male e di provare molta ansia. Il medico, convinto che il paziente non sia malato, gli dà come medicinale una semplice pallina di zucchero che però funzionerà effettivamente per calmare il dolore. In questo caso, il pensiero magico ha agito da calmante e ha ridotto l’ansia. Altro effetto positivo è una sensazione di controlla della situazione, anche se falsa, che può aiutarci quando non possiamo fare nulla per uscire da quella situazione. In tal senso ci rende ottimisti e fiduciosi in noi stessi (“andrà tutto bene”).
Fra gli effetti negativi può portarci ad una eccessiva sicurezza, bloccando le nostre azioni. Ad esempio, di fronte a una malattia o un conflitto, potremmo pensare che con il nostro semplice desiderio o volontà possiamo guarire o risolvere il problema. Questa convinzione potrebbe impedirci di trovare soluzioni reali. Se si fanno pensieri negativi ci si sente in colpa perché si crede che possano portare guai. Ci porta a crearci altri pregiudizi e illusioni, e a giudicare gli altri con chiusura e superficialità.
Per verificare se siamo caduti in questo tipo di pensiero basta chiederci: ma è proprio vero che le cose stanno così? Ne ho qualche prova?
E’ proprio vero che se passa un gatto nero mi porterà sfortuna? Non sarà il caso di provare a vedere le cose da un altro punto di vista?
Una vittima del pensiero magico è lo jettatore, una trista fama che si diffonde in modo subdolo e che può rovinare vite e carriere, relegando nell’isolamento persone che vengono evitate al motto di “non è vero ma ci credo”, fino a quando l’esasperato Totò non pensa di farne una vera e propria attività nell’episodio “La patente” dal film “Questa è la vita” del 1956.
Il pensiero magico non associa fatti ed eventi per relazioni di causa/effetto, ma per somiglianza, simpatia. contiguità. La somiglianza si basa sul principio che due cose simili si attraggono e si influenzano, e questo può essere vero in parte, ma non sempre. La contiguità agisce nelle malattie contagiose, ma non in altri casi, per cui è arbitrario che due cose che sono state a lungo vicine continuino a influenzarsi anche a distanza.
Il pensiero associativo mette insieme eventi ed oggetti in modo arbitrario, come è il caso degli amuleti e talismani, L’associazione può essere fatta con oggetti con cui si identifica ciò che essi rappresentano, come il “malocchio” fatto su bambole o fotografie in molti rituali popolari per gettare la disgrazia addosso a persone reali.
Il pensiero magico tuttavia va osservato con attenzione e rispetto quando si studiano popolazioni e socialità diverse, o periodi storici in cui scienza, religione e magia non sono ben distinte l’una dall’altra, ma la figura del sapiente, del taumaturgo, assume di volta in volta il ruolo dello stregone, dello sciamano, del negromante, dell’alchimista, del filosofo, del matematico.
Anche in età moderna molti studiosi hanno formulato teorie diverse sul pensiero magico come complemento che può convivere col pensiero razionale. Il pensiero magico, seppure prevalente nell’età infantile, continua a persistere nella psiche adulta assolvendo a tre principali funzioni, difensiva, propiziatoria e conoscitiva. Le due forme di pensiero, magico-intuitivo e logico-verbale, corrispondono alla differenziazione neuro-fisiologica dei due emisferi destro e sinistro del nostro cervello. Tanto è vero che accanto alla fiducia che diamo a scienziati ed esperti continuiamo a consultare oroscopi o a credere in cose che accettiamo senza comprenderle o poterle verificare, come i buchi neri o le proteine.